Continua la fiaba dei Giardini del Casoncello…
Maria Gabriella Buccioli ha dedicato un secondo libro ai suoi giardini del Casoncello, una passione, quella del giardinaggio creativo, che manifestamente pretende d’essere partecipata. Il primo, dal titolo indimenticabile I giardini venuti dal vento, uscì nel 2003 e questa rivista lo presentò ai suoli lettori nel n. 26: raccontava l’avventurosa vicenda del nascere e del crescere – quasi una favola – di un insperato giardino dove prima v’erano rovi e rovine e del contemporaneo trasmutare della ‘Fata Viola’ – che tale era il nome d’arte di Gabriella, insegnante, teatrante, personalità inquieta e polimorfa – in giardiniera autodidatta a tempo pieno. Da allora, trascorso quasi un decennio, lungo le strade della val di Savena s’incontrano, in prossimità del borgo di Scascoli, cartelli indicatori che indirizzano i sempre più numerosi visitatori ai magici giardini[1].
Perché la loro fama si è diffusa fra gli amatori in Italia e fuori, grazie anche al Premio Grinzane vinto dal libro – Gabriella è stata invitata fra l’altro in Giappone – tanto che la ‘giardiniera’ ha ritenuto di creare addirittura una fondazione che consentisse di mantenere in vita i giardini indipendentemente dalla sua persona. Si nomina Fondazione Giardini del Casoncello ed è l’atto con cui, dice Gabriella che ne resta comunque la custode fin che le forze glielo consentiranno: ho consegnato il Casoncello alla Comunità perché credo che solo così potrà avere un futuro (chi fosse interessato ad aderirvi può farlo versando una quota annuale di € 30 sul c.c.p. n.1003290515).
E vengo a questo secondo libro. Ha un titolo più casereccio del precedente: Chiacchiere di un giardinaggio insolito, a voler anticipare che non di un manuale o prontuario sistematico e asetticamente scientifico si tratta, bensì di una conversazione quasi casuale e certo colloquiale con amici che hanno i medesimi interessi della ‘giardiniera a proposito, come recita il sottotitolo, di fiori, animali, erbe e (mal)erbe del [suo] giardino. Il volume è pretenzioso: ben 307 pagine che comprendono un’introduzione, un epilogo e XXV capitoli i cui titoli e sommari, divertenti di intelligente ironia, già invitano alla lettura (un esempio: XXV. Chi va piano…Dove si apprende che, nella creazione di un giardino, non si deve avere fretta…Tanto non finirà mai!). Una lettura che è godibile anche dai non affiliati alla setta del ‘pollice verde’, quale io maldestramente sono, ma che comunque amano la natura e la vogliono meglio conoscere (fra l’altro due indici finali elencano – suddividendole al modo conversevole di Gabriella in Le aristocratiche ornamentali e Le umili spontanee – le innumerevoli piante dei giardini, da stupir per la cultura, e coltura, botanica che l’autrice possiede).
Ho iniziato a leggere il libro per dovere (intendevo presentarlo sulla rivista in quanto di rilievo per la nostra montagna) e per curiosità – un’antica amicizia mi lega a Gabriella – e l’ho letto fino all’ultima pagina, quasi fosse un romanzo o una fiaba per adulti dagli innumerevoli personaggi, protagonisti ciascuno di una propria avventura di colori, di profumi e di una spettacolare metamorfosi stagionale (perché il giardino è teatro e, ogni anno, la natura mette in scena per noi quattro splendidi atti). La nostra infatti possiede il dono della scrittura, che è risultato di vocazione innata e di esperienze esaltanti raffinate da buone letture. Lo testimoniano i tanti autori citati nella bibliografia contestuale alla narrazione – maestri di carta li nomina con ammirata riconoscenza e che già leggeva prima di scoprirsi ‘vocata’. Creatività e cultura la cifra stilistica che in sintesi le attribuirei. Con metafora ardita anche definirei lo scritto una autobiografia in simbiosi, dell’autrice a un tempo e dei giardini, come se il Casoncello scrivesse di sé con la penna di Gabriella: le attese, le scoperte, l’incontro con le piante, l’accoglienza, la riflessione sul perché del dove e del come della collocazione fra le altre, i progetti per farle crescere in armonia sono talmente radicati nel breve e intenso ‘ettaro’ del suo sperimentare che mi viene da pensare il loro rapporto una modalità di panteismo culturale – a conferma cito frasi come questa rivolta all’Agrimonia eupatoria (non spaventino i nomi latini, il corrispettivo italiano li rende intelligibili): gradisce le mie cure…o questa: per il suo coraggio decisi che sarebbe entrata a far parte della grande famiglia delle mie piante…
Volendolo, il volume offre un programma di lavoro, un progetto in corso d’opera i cui risultati s’invereranno di stagione in stagione. Si rivolge dunque ai ‘giardinieri’ in carriera o in fieri, professionisti o dilettanti che siano, ma è godibile e comprensibile – nonostante lo spessore della ‘cultura verde’ – da tutti coloro che amano questa nostra terra nella sua genuinità e che amano… la poesia. Sì, la poesia: si legga il periodo che segue, uno dei molti che potrei segnalare: Arrivano sulla scena (Gabriella sta trattando delle monocromie dell’autunno e dell’esuberanza della primavera e dell’estate) stuoli di coloratissime comparse: processioni di narcisi, sterminate folle di piccoli fiori di prato, tenere violette, comitive di lunarie, orde di fiammeggianti papaveri…Certo una tavolozza linguistica – col vocabolo che non ti aspetti, ma che senti non sostituibile – in gara coi colori delle stagioni. Perché ciascuna pianta ha la sua storia nei giardini e nella vita di Gabriella, che la racconta mentre ne illustra le particolarità fondendo il linguaggio scientifico con le parole della sua emozione: non c’è angolo di prato o fessura tra rocce che non accolga la meraviglia, agli occhi della giardiniera, di un fiore.
Dicevo degli ammaestramenti che si possono trarre dal testo. Sono riassumibili in breve: il giardino è un’opera d’’arte in continua evoluzione e niente v’è di malefico in natura: è sufficiente un attento controllo per favorire l’equilibrata convivenza delle piante ospitate, perché tutte, dalla più minuscola alle monumentali sono degne di affetto e di cure – e con loro (attenzione!) i piccoli esseri che lo abitano, siano insetti, uccelli, rospi, talpe, ricci…
Impreziosiscono il volume le sognanti illustrazioni di Lucio Filippucci – disegnatore di fama internazionale e compagno di Gabriella nella vita e nel giardinaggio – che presentano sul retro una scheda riassuntiva del capitolo che accompagnano o delle parti di esso più meritevoli di sottolineatura. La protagonista dell’immagine è ovviamente e sempre la giardiniera che però ben convive con le piante che la attorniano. (a.s.)
Maria Gabriella Buccioli, Chiacchiere di giardinaggio insolito, Pendragon, Bologna 2010, pp.307
[1] Per meglio conoscere i giardini e la loro giardiniera si veda in Savena Setta Sambro n. 19, pag. 101 Al Casoncello di Scascoli il giardino della maga Viola di A. Simoncini.